A proposito di caccia al cinghiale e delle sue emozioni, mi ricordo il campanello del mio piccolo terrier Ugo che all’improvviso smette di tintinnare, per qualche secondo il tempo sembra fermarsi, l’inizio di un abbaio frenetico mi fa capire che l’animale è lì, nel rovo, a pochi metri da me… Ecco finalmente il momento che aspettavo da tanto. Il cuore inizia ad accelerarmi nel petto, sento elettricità sulla pelle, nell’attesa dell’istante in cui ci troveremo faccia a faccia. Da che parte uscirà? Ce ne sarà uno soltanto? Avrò la fortuna di vederlo?
La caccia al cinghiale è tra le pratiche venatorie che preferisco, perché ti trascina in un vortice di sensazioni che poi si tramutano in ricordi preziosi. È sempre emozionante scivolare silenziosamente tra il bosco, cacciando il re della macchia, con l’unione e la complicità del gruppo che crescono a ogni battuta e la possibilità di creare nuove amicizie con i compagni di caccia.
Ci sono diverse tecniche di caccia al cinghiale, ma il metodo più diffuso è la battuta di caccia al cinghiale, conosciuta comunemente come braccata o cacciarella. Le tipologie di caccia al cinghiale non sono uguali in tutte le regioni d’Italia.
Nella mia terra, abbiamo una tecnica che non può definirsi né girata né braccata.
Il gruppo è generalmente formato da cinque a venti cacciatori e da due canai. Il caposquadra, che ha il compito di coordinare il gruppo e mantenere un clima ottimale affinché la giornata di caccia si concluda nel migliore dei modi e in totale sicurezza, ancora prima del ritrovo mattutino va a segnare le tracce fresche; in base a queste si procede al posizionamento strategico dei compagni, ai quali viene assegnata la posta. E la battuta ha inizio!
Una delle regole fondamentali di questa diffusa pratica venatoria è il silenzio assoluto, salvo situazioni d’urgenza.
Questi momenti di ricerca tra il folto del bosco, quando sola con il mio fucile, sento solo il fruscio dei cani attraverso la vegetazione, sono parte di ciò che amo di questa caccia. Mi sento sospesa, con l’attesa che cresce e l’emozione che aumenta al trascorrere dei minuti, perché so che il momento dell’incontro col selvatico è sempre più vicino e avverrà all’improvviso.
Tra gli stimoli maggiori che una giornata di battuta di caccia al cinghiale può offrirmi c’è la possibilità di seguire attivamente il lavoro dei cani. Vederli lavorare con tenacia ed entusiasmo e supportarli passo dopo passo è un aspetto di questa caccia a cui davvero non posso rinunciare.
La razza di cane che spesso ho utilizzato per la sua tecnica di caccia è il Deutscher Jagdterrier. Diversamente dalla maggioranza dei segugi, è un cane che lavora molto vicino al padrone e non si dilunga eccessivamente nella braccata.
Iniziai ad addestrare alla battuta di caccia al cinghiale il mio primo terrier Ugo ancor prima dell’ultimo esame per prendere la licenza di caccia. Lo portai in un bosco recintato di 3 ettari quando aveva solo sei mesi, mettendolo sulle tracce di due piccoli cinghiali. Così l’ho indirizzato verso questa tipologia di caccia in maniera naturale e senza pericoli.
Con grande sorpresa già alla sua prima uscita ufficiale in battuta mi regalò grandi soddisfazioni! Cosa c’è di più appagante di venire ricompensati dopo tanta fatica e dedizione? Sensazioni che oggi rivivo con Zoe, il mio fidato Setter Inglese.
È con la battuta di caccia al cinghiale che ho iniziato l’attività venatoria. Fin dalle prime battute, la necessità di fare squadra con gli altri cacciatori mi ha letteralmente conquistato. Avere l’opportunità di essere parte di un gruppo di persone così unite, che si muovono come un corpo unico, compagni e ausiliari insieme… comunicare anche con un semplice sguardo!
La caccia è anche questo, amicizia, rispetto, intesa, condivisione.
Giulia Taboga
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