Racconto di caccia al capriolo in Ungheria: il fascino della pustza

La caccia al capriolo in Ungheria ha un fascino particolare, che spinge me e molti cacciatori ad essere disposti a trascorrere ore e ore in viaggio alla volta della pustza.

Proprio la pustza, magica distesa verde dove l’occhio si perde nello spazio sconfinato e i sogni venatori divengono reali esperienze di vita, è stato il teatro di un meraviglioso viaggio di caccia al capriolo in Ungheria.

 

L’Ungheria è una meta venatoria famosa, sia per educare i nuovi cacciatori a palla ai nobili riti mitteleuropei sia regalare a cacciatori esperti giornate indimenticabili.

Ricordo i giorni trascorsi in quell’affascinante bassopiano con orgoglio e un pizzico di sana nostalgia. Se solo chiudo gli occhi, le immagini si rincorrono nella mia mente come in un film e mi sembra di essere di nuovo lì…

Sembrava troppo astuto per noi quel vecchio maschio. Aveva scelto il suo momentaneo rifugio in una larga depressione del terreno ingombra di erbacce alte più di un metro, per sfuggire al nostro inseguimento durato più di un’ora.

Eravamo al centro di una piccola palude, come ce ne sono tante nella pustza ungherese vicino al confine con la Romania, e non potevamo, per via dell’acqua e del fango, avvicinarci a meno di cento metri senza il rischio di sprofondare.

Se lo avvicinavamo da destra, usciva a sinistra; se da sinistra, usciva a destra, per poi rientrare nel suo rifugio dopo un ampio giro: evidentemente aveva capito che quella posizione era inespugnabile.

Dovevamo, dunque, attivare tutta l’esperienza e l’astuzia di cacciatori consumati per sfidare il piccolo cervide.

Per quel viaggio di caccia al capriolo in Ungheria avevo con me la mia Horizon in calibro .270 Winchester, palle da 130 gr. e un Steiner Ranger 8 3-24 X 56 BT, che può aiutare anche sulle lunghe distanze di questi spazi aperti.

Parcheggiamo il fuoristrada a vento pieno a nord, in modo che l’effluvio di gasolio misto al nostro odore non giunga diretto alla canna nasale del capriolo; l’accompagnatore si incammina verso il lato sinistro della palude a ovest e io, mi preparo, appoggiando la carabina bolt action al bastone sul lato destro – a est – e resto in attesa, immobile e silenzioso.

Nonostante le urla del guardiacaccia il capriolo non compare. Aspetto da un momento all’altro di vedere uscire quel folletto rosso a tutta velocità…  nulla!

Mentre scruto il limitare delle erbe proprio di fronte a me, mi accorgo di un impercettibile movimento alla mia sinistra, a sud della palude, proprio da dove siamo partiti per iniziare l’azione di caccia.

Eccolo! Guardingo e lentissimo si affaccia tra i canneti a un centinaio di metri da me, annusando e considerando quel boschetto a circa mezzo chilometro verso il quale certo si dirigerà.

Mi preparo, ma non appena pongo la croce sulla spalla, il capriolo schizza verso il bosco, attraversando la pianura a tutta velocità; sono pronto a rendere onore al sagace selvatico, ma lui si ferma inaspettatamente a metà strada e si gira a guardare dalla nostra parte.

Grato dell’occasione che mi viene concessa, faccio partire il colpo di .270 Win, che lo raggiunge nel mezzo della pustza.

La sera di quella giornata di caccia al capriolo in Ungheria cambiamo zona.

Maggio riempie l’aria di profumi straordinari: quello intenso della camomilla, che inebria mentre viene raccolta dai gitani con gli appositi rastrelli e mi ricorda quando ero bambino e la mamma mi costringeva a berne l’infuso, quello impalpabile del fiore giallo e delle erbe da foraggio, che inondano come un mare dorato ettari ed ettari di terreno in cui i caprioli si inseguono e le lepri “danzano” nei riti dell’accoppiamento.

Fra i campi di erba medica spunta il palco di qualche capriolo accucciato, che ci invita a un cauto avvicinamento nella speranza di giungere alla giusta distanza.

Talvolta si appiattiscono sul terreno, altre volte si alzano e, dopo alcuni istanti di stupore, partono a grande velocità per poi fermarsi, un centinaio di metri più avanti, per individuare l’insidia. Alcuni, i più furbi, continuano la loro corsa fino a sparire in un boschetto o in una siepe intricata.

La caccia al capriolo in Ungheria nella stagione primaverile si prolunga fino a ora tarda, perché anche il sole qui vuole godersi lo spettacolo il più a lungo possibile.

Poco prima sono riuscito a centrare sul filo dei 300 metri un buon maschio semi immerso nell’erba medica – spuntavano testa e collo e parte della groppa. L’erba alta, spostandosi come un’onda al soffio creato dal proiettile della mia carabina bolt action, mi ha permesso di tracciare il colpo fino al bersaglio.

Ho vissuto molte esperienze di caccia con la mia Horizon Black Synt, una carabina precisa, affidabile e leggera – il suo peso nel calibro .270 Winchester si attesta sui 2.990 Kg, ideale per giornate di la caccia alla cerca, quando anche dopo ore di cammino risulta ancora lieve sulla spalla.

Durante una giornata di caccia al capriolo in Ungheria solitamente verso le dieci di mattina si sospende l’attività: i caprioli, usciti prima dell’alba in pastura, si ritirano nel fresco dei boschi o si accucciano nei prati.

Così non ci resta che rientrare per la colazione, dopo la quale, se non siamo troppo stanchi, vale la pena immergersi nelle piscine di acqua termale di cui l’Ungheria è ricca.

La zona termale più vicina alla nostra area di caccia è quella di Fuzesgyarmat, nella quale spesso ci rechiamo per godere delle acque a 42 gradi, più per il loro forte sentore di tartufo che stimola le fantasie di noi buongustai che per l’effettivo beneficio che se ne trae.

In quel momento e penso: “Questa sera potremmo proprio provare una ricetta di selvaggina accompagnata da dell’ottimo tartufo!”

Nella caccia al capriolo in Ungheria il caldo si fa sentire e un abbigliamento leggero e traspirante è l’ideale, così come avere con sé un paio di stivali di gomma, considerando le varie zone umide della pustza.

Alle quattro del pomeriggio si riparte verso la zona di Mark, ricca di boschetti inframmezzati da pianure di erba alta e prati allagati.

Chissà che sorprese ci riserverà ancora quella giornata immersi nella puszta ungherese. Quel bassopiano cinto dai monti e lontano dal mare, teatro di meravigliose esperienze di caccia è davvero una gioia per gli occhi e per il cuore.

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